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VIOLENZA DOMESTICA : i rimedi previsti dal nostro ordinamento

La violenza domestica è una forma di maltrattamento fisico, sessuale, psicologico o economico che si verifica all'interno di una relazione intima.

Può essere commessa da un partner, da un familiare o da un convivente.

L'ordinamento italiano tutela le vittime di violenza domestica sia in sede penale che in sede civile.

In sede penale, la violenza domestica è punita con pene che vanno da 1 a 5 anni di reclusione, a seconda della gravità del reato.

In sede civile, invece, le vittime di violenza domestica possono richiedere al giudice l'adozione di misure di protezione, quali:

  • L'allontanamento dell'aggressore dalla casa familiare
  • Il divieto di avvicinamento alla vittima e ai luoghi frequentati da essa
  • L'assegnazione della casa familiare alla vittima
  • L'affidamento dei figli alla vittima
  • Il contributo economico per il mantenimento della vittima e dei figli

La richiesta di misure di protezione può essere presentata dalla vittima o da un suo familiare o amico

Per ottenere l'adozione di misure di protezione, la vittima deve dimostrare che è stata vittima di violenza domestica.

A tal fine, può presentare al giudice documentazione, come:

  • Testimonianze di persone che hanno assistito alla violenza
  • Certificati medici che attestino le lesioni subite
  • Registrazioni audio o video che documentino la violenza

Il giudice, in caso di accoglimento della richiesta, ordina all'aggressore di rispettare le misure di protezione.

In caso di inottemperanza, l'aggressore può essere punito con la reclusione fino a un anno.

Le misure di protezione in sede civile hanno lo scopo di tutelare la vittima dalla violenza domestica e di garantirle la sicurezza e l'incolumità.

Ecco alcuni consigli per le vittime di violenza domestica che intendono richiedere misure di protezione in sede civile:

  • Raccogliere documentazione che attesti la violenza subita
  • Raccontate a qualcuno di fiducia quello che state subendo
  • Rivolgetevi a un centro antiviolenza o a un avvocato specializzato in diritto di famiglia

Ricordate che non si è da soli e che esistono dei rimedi per proteggervi dalla violenza domestica. 

Con la c.d. Riforma Cartabia, sono stati inseriti i seguenti articoli nel nostro codice di procedura civile :

Articolo 473 bis 40 Codice di procedura civile

Le disposizioni previste dalla presente sezione si applicano nei procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell'altra o dei figli minori.


Articolo 473 bis 41 Codice di procedura civile

Il ricorso indica, oltre a quanto previsto dagli articoli 473 bis 12 e 473 bis 13, gli eventuali procedimenti, definiti o pendenti, relativi agli abusi o alle violenze. Al ricorso è allegata copia degli accertamenti svolti e dei verbali relativi all'assunzione di sommarie informazioni e di prove testimoniali, nonché dei provvedimenti relativi alle parti e al minore emessi dall'autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità.

Articolo 473 bis 42 Codice di procedura civile

Il giudice può abbreviare i termini fino alla metà, e compie tutte le attività previste dalla presente sezione anche d'ufficio e senza alcun ritardo. Al fine di accertare le condotte allegate, può disporre mezzi di prova anche al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile, nel rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova contraria.
Il giudice e i suoi ausiliari tutelano la sfera personale, la dignità e la personalità della vittima e ne garantiscono la sicurezza, anche evitando, se opportuno, la contemporanea presenza delle parti.

Quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale ovvero penda procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all'art. 415 bis del c.p.p. per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell'udienza non contiene l'invito a rivolgersi ad un mediatore familiare.

Quando la vittima degli abusi o delle violenze allegate è inserita in collocazione protetta, il giudice, ove opportuno per la sua sicurezza, dispone la secretazione dell'indirizzo ove essa dimora.

Con il decreto di fissazione dell'udienza, il giudice chiede al pubblico ministero e alle altre autorità competenti informazioni circa l'esistenza di eventuali procedimenti relativi agli abusi e alle violenze allegate, definiti o pendenti, e la trasmissione dei relativi atti non coperti dal segreto di cui all'art. 329 del c.p.p.. Il pubblico ministero e le altre autorità competenti provvedono entro quindici giorni a quanto richiesto.
Le parti non sono tenute a comparire personalmente all'udienza di cui all'articolo 473 bis 21. Se compaiono, il giudice si astiene dal procedere al tentativo di conciliazione e dall'invitarle a rivolgersi ad un mediatore familiare. Può comunque invitare le parti a rivolgersi a un mediatore o tentare la conciliazione, se nel corso del giudizio ravvisa l'insussistenza delle condotte allegate.

Articolo 473 bis 43 Codice di procedura civile

È fatto divieto di iniziare il percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, ovvero è pendente un procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all'articolo 415 bis del Codice di procedura penale per le condotte di cui all'articolo 473 bis 40, nonché quando tali condotte sono allegate o comunque emergono in corso di causa.

Il mediatore interrompe immediatamente il percorso di mediazione familiare intrapreso, se nel corso di esso emerge notizia di abusi o violenze.

Articolo 473 bis 44 Codice di procedura civile

Il giudice procede all'interrogatorio libero delle parti sui fatti allegati, avvalendosi se necessario di esperti o di altri ausiliari dotati di competenze specifiche in materia. Assume inoltre sommarie informazioni da persone informate dei fatti, può disporre d'ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, e acquisisce atti e documenti presso gli uffici pubblici. Può anche acquisire rapporti d'intervento e relazioni di servizio redatti dalle forze dell'ordine, se non sono relativi ad attività d'indagine coperta da segreto.

Quando nomina un consulente tecnico d'ufficio, scelto tra quelli dotati di competenza in materia di violenza domestica e di genere, ovvero dispone indagini a cura dei servizi sociali, il giudice indica nel provvedimento la presenza di allegazioni di abusi o violenze, gli accertamenti da compiere e gli accorgimenti necessari a tutelare la vittima e i minori, anche evitando la contemporanea presenza delle parti.

Articolo 473 bis 45 Codice di procedura civile

Il giudice procede personalmente e senza ritardo all'ascolto del minore secondo quanto previsto dagli articoli 473 bis 4 e 473 bis 5, evitando ogni contatto con la persona indicata come autore degli abusi o delle violenze.

Non si procede all'ascolto quando il minore è stato già ascoltato nell'ambito di altro procedimento, anche penale, e le risultanze dell'adempimento acquisite agli atti sono ritenute sufficienti ed esaustive.

Articolo 473 bis 46 Codice di procedura civile

Quando all'esito dell'istruzione, anche sommaria, ravvisa la fondatezza delle allegazioni, il giudice adotta i provvedimenti più idonei a tutelare la vittima e il minore, tra cui quelli previsti dall'articolo 473 bis 70, e disciplina il diritto di visita individuando modalità idonee a non compromettere la loro sicurezza.

A tutela della vittima e del minore, il giudice può altresì disporre, con provvedimento motivato, l'intervento dei servizi sociali e del servizio sanitario.

Quando la vittima è inserita in collocazione protetta, il giudice può incaricare i servizi sociali del territorio per l'elaborazione di progetti finalizzati al suo reinserimento sociale e lavorativo.

Rivolgetevi a un centro antiviolenza o a un avvocato specializzato in diritto di famiglia



RIDURRE CANONE DI LOCAZIONE / AFFITTO


In questo periodo emergenziale dovuto alla pandemia da Coronavirus / Covid-19, tra i tanti problemi che bisogna quotidianamente affrontare, vi è anche quello di come riuscire a pagare il canone di locazione affitto sia delle propria abitazione che dei locali commerciali / professionali.

Problema questo particolarmente sentito da chi, a causa della chiusura delle attività commerciali / professionali e delle limitazioni degli spostamenti, non può più contare sulle abituali entrate / guadagni mensili.

L'inquilino, infatti, potrebbe aver perso il lavoro, veder ridotto l'orario di lavoro, trovarsi in cassa integrazione oppure essere stato costretto a chiudere la propria attività, così da non riuscire più a far puntualmente fronte al pagamento dell'affitto.

Tali problematiche si ripercuotono, di conseguenza, anche sui proprietari degli immobili, che potrebbero fare affidamento sulle entrate degli affitti per il proprio quotidiano sostentamento oppure per il pagamento di debiti o rate del mutuo.

Per cui, in tale contesto, vi è da un lato il conduttore / inquilino che potrebbe avere interesse ad ottenere una sospensione o riduzione o posticipazione del pagamento dell'affitto e dall'altro lato il proprietario che non può permettersi di non percepire il pagamento del canone di locazione, tenuto oltretutto in considerazione le tasse che lo stesso è , in ogni caso, tenuto a pagare.


A ciò si aggiunga che non vi è alcuna norma che riconosca un diritto per gli inquilini oppure un obbligo per i proprietari di rideterminare l'ammontare del canone.  

Il Governo,  con il “Decreto Cura Italia” (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18), ha infatti previsto, al momento, la sola concessione di agevolazioni fiscali in favore degli esercenti la cui attività di impresa è stata sospesa a seguito delle misure restrittive “anti coronavirus”, prevedendo un credito d'imposta pari al 60% del canone di locazione di negozi e botteghe (immobili appartenenti alla categoria catastale C/1) pagato per il mese di marzo 2020.


Per cui, la soluzione che potrebbe consentire di soddisfare i contrapposti interessi sia del conduttore che del proprietario potrebbe essere quella di trovare un accordo mediante la sottoscrizione di una scrittura privata, con cui prevedere, ad esempio, una riduzione oppure una dilazione del pagamento del canone mensile per il periodo emergenziale, con impegno dell'inquilino di tornare a pagare l'importo originariamente pattuito nel contratto di locazione al termine del periodo concordato.

Ciò consentirebbe da un lato all'inquilino di far fronte alla temporanea difficoltà economica e dall'altro lato al proprietario di ricevere comunque il corrispettivo per la locazione, evitando, quindi, la proposizione di azioni legali e controversie davanti ai Tribunali.

L'eventuale accordo può riguardare non solo gli immobili locati ad uso abitativo, ma anche i locali commerciali e che non rilevano le differenze in termini di durata del contratto.  


Nella redazione di tale accordo / scrittura privata risulta indispensabile l'indicazione delle seguenti informazioni :

  • dati anagrafici del proprietario e del conduttore

  • il tipo di contratto in essere originariamente sottoscritto e la data di sua stipula e di sua registrazione

  • il canone annuale inizialmente concordato

  • l'ammontare del canone ridotto

  • il numero di mesi in cui il canone mensile è ridotto

  • l'impegno dell'inquilino di tornare a pagare l'intero importo originariamente pattuito al termine del periodo concordato

  • la data di redazione dell’accordo

  • la sottoscrizione di entrambe le parti

Un esempio pratico: se il contratto iniziale prevede un canone di 1.000,00 euro, pari a 12.000,00 euro annui, il locatore ed il conduttore potrebbero accordarsi per una riduzione del canone mensile ad 800,00 euro per cinque mesi, con impegno dell'inquilino di tornare a pagare l'intero importo originariamente pattuito € 1.000,00 mensili al termine del periodo concordato di cinque mesi. Così le parti potrebbero, sempre per esempio, prevedere una sospensione temporanea del pagamento del canone di locazione oppure un pagamento dilazionato nel tempo.


Si consiglia, in ogni caso, seppur non necessario per tale tipologia di atto, di procedere alla registrazione dell'accordo / scrittura privata presso l'Agenzia delle Entrate. Tale registrazione  consente, infatti, da un lato di conferire data certa all'atto e dall'altro lato di portare a conoscenza dell’Agenzia delle Entrate il minor reddito che percepirà il locatore per il periodo pattuito (così da consentirgli di pagare le imposte esclusivamente su quanto effettivamente riscosso).

Per la registrazione dell’accordo è necessario compilare il Modello 69, disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate scaricabile da qui ed allegare l'accordo / scrittura privata sottoscritta, provvedendo ad inviare il tutto all'Ufficio territoriale dell'Agenzia delle Entrate presso il quale si è proceduto alla registrazione del contratto di locazione dell'immobile.


Si fa, in ogni caso, presente che quanto sin qui indicato è una modalità indicativa per consentire di trovare un accordo bonario tra i contrapposti interessi del proprietario e del conduttore, al fine di evitare eventuali contenziosi giudiziari.

Resta inteso che se il proprietario non accetta di giungere ad un accordo ben potrebbe adire la competente Autorità Giudiziaria, così come l'inquilino ben potrebbe recedere dal contratto di locazione, nel rispetto dei termini di preavviso ivi previsti. 


Sospensione dei siti di vendita on line con modalità c.d "buy and share"

Fonte :  AGCM - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato


L' AGCM - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha disposto la sospensione dei siti di vendita on line con modalità c.d "buy and share".


Si legge, nei provvedimenti cautelari emessi dall'AGCM - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che i siti sharazon.it, smart-shopping.it e gemshop.it "avrebbero posto in essere delle pratiche commerciali scorrette" ed "opposto ingiustificati ostacoli al diritto di recesso e rimborso" degli importi pagati dai clienti / consumatori e, quindi, violando le norme del Codice del Consumo.


Si rimanda al comunicato stampa dell' AGCM - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

presente al  seguente link dell’articolo originale:   
http://https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2020/1/PS11467-PS11541-PS11543-PS11547?fbclid=IwAR0bm3JUQpLXvD6cW71_HvGsvP_PGtishb_m1ILlMvZZJmXsEo2Bnfw4-k0

Requisiti qualifica di impresa artigiana ex art 3, Legge Quadro Artigianato n. 443/85 - Attività mista


Ai sensi dell’art. 3 della L. n. 443/1985 - Legge Quadro Artigianato, è IMPRESA ARTIGIANA quella che: “… nei limiti dimensionali di cui alla presente Legge, abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un’attività avente ad oggetto la produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazione di servizi, escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione di beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali ed accessorie all'esercizio dell’impresa ...".


Per cui, dal chiaro tenore letterale della su menzionata norma, qualora vengano svolte insieme all'attività principale (che qualifica l’impresa come artigiana) anche le attività espressamente escluse dall'art. 3, comma 1, queste ultime non inciderebbero sulla qualifica di artigiano, qualora siano solamente strumentali ed accessorie all'esercizio principale di impresa.
A contrario, qualora queste ultime non siano strumentali ed accessorie alla principale, lo svolgimento anche delle attività escluse determinerebbe la perdita della qualifica di artigiano, con conseguenziale cancellazione dell'annotazione della qualifica di impresa artigiana dal Registro delle Imprese dalla competente Camera di Commercio.

Siffatto orientamento è stato già a suo tempo confermato dalla stessa Cassazione, che, con la sentenza n. 8703/2000, pur analizzando una diversa fattispecie, ha comunque fornito una definizione della nozione di impresa artigiana, secondo il disposto dettato dalla Legge Quadro sull’Artigianato n. 443/1985. Nella suddetta pronuncia si legge quanto segue : 

“.. Da quanto precede emerge:
1) che è irrilevante il luogo ove l'impresa artigiana svolge la propria attività, potendo questa essere svolta in luogo fisso (presso l'abitazione dell'imprenditore o di uno dei soci o in appositi locali o in altra sede designata dal committente) oppure in forma ambulante o di posteggio;
2) che l'impresa artigiana è definita:
a) dall'oggetto della stessa, che può essere costituito da qualsiasi attività di produzione di beni, anche semilavorati o di prestazioni di servizi, escluse le attività indicate al primo comma dell'art. 3 (cioè le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliarie di quest'ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande);
b) dal ruolo dell'artigiano nell'impresa, richiedendosi, in particolare, che questo svolga "in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo (art. 2);
c) dai limiti dimensionali relativi ai dipendenti utilizzabili, che varia da settore a settore;
d) dalla funzione preminente nell'impresa dei lavoro sul capitale.

La stessa sentenza, poi, fornisce un ulteriore importante chiarimento :

“… Dalla Legge si ricava addirittura che lo svolgimento di attività escluse insieme a quella, che qualifica l'impresa come artigiana, quindi di più attività, non incidono né sulla natura né sulla unitarietà della stessa, qualora queste ulteriori attività siano solamente strumentali e accessorie all'esercizio dell'impresa (art. 3, primo comma) …”.

Siffatta interpretazione ed applicazione della normativa di settore ha, poi, trovato piena applicazione nei diversi pareri e decisioni emesse dalle diverse Commissioni Provinciali e Regionali per l’Artigianato, le quali, nel corso degli anni, hanno più volte rigettato per incompatibilità le domande presentate dalle imprese artigiane, riscontrando una carenza di comunanza dei beni utilizzati per l’esecuzione delle attività e per l’assenza del richiesto nesso di strumentalità ed accessorietà tra la nuova attività denunciata e quella svolta in via principale.







Controversie gestori / fornitori utenze domestiche (luce - gas - acqua - telefonia) - Come comportarsi? Cosa fare?

CONTROVERSIE GESTORI / FORNITORI UTENZE DOMESTICHE (LUCE – GAS – ACQUA –

TELEFONIA) COME COMPORTARSI? COSA FARE?

I casi più comuni in cui il consumatore può trovarsi sono i seguenti:
- attivazione contratto non richiesto;
- passaggio non richiesto ad altro gestore / fornitore;
- doppia fatturazione per la medesima utenza;
- addebito di consumi superiori a quelli reali;
- addebiti per servizi non richiesti;
- addebiti nonostante malfunzionamenti e disservizi;
- addebiti per servizi al principio proposti come gratuiti;
- mancata o tardiva portabilità dell’utenza;
- tardiva attivazione dei servizi;
- sospensione o cessazione dell’utenza;
- perdita della propria numerazione;
- errata tariffazione;
- malfunzionamento / impossibilità di fruizione dei servizi

COME CONTESTARE ?

Qualora si dovessero verificare una delle ipotesi di cui sopra , la prima cosa che il CONSUMATORE / CLIENTE deve fare è presentare quanto prima un RECLAMO al proprio gestore / fornitore, chiedendo il riconoscimento degli eventuali indennizzi previsti contrattualmente o dalla normativa di settore per il caso in questione.

Il reclamo potrà essere presentato TELEFONICAMENTE al preposto servizio clienti oppure mediante una CONTESTAZIONE SCRITTA da inviare a mezzo fax / mail / pec / raccomandata con ricevuta di ritorno al preposto servizio clienti (quest’ultima è la modalità consigliata).

Con il reclamo dovranno essere indicati non solo i propri dati anagrafici (nome, cognome, codice fiscale, residenza) e tutti i dati utili per l’identificazione della propria utenza (codice cliente, numero contatore, PDR, POD, numero telefonico), ma, anche, un’esposizione chiara e dettagliata di tutti i problemi riscontrati e le proprie richieste (descrizione della problematica e richieste), così da consentire al proprio gestore / fornitore di avere contezza degli stessi e fornire quanto prima un riscontro e provvedere eventualmente alla loro risoluzione ed il riconoscimento degli eventuali indennizzi.

Entro il termine di 30/45 giorni, il proprio gestore / fornitore dovrebbe dare risposta scritta al presentato reclamo.

Qualora il proprio gestore / fornitore non dovesse rispondere oppure la fornita risposta non fosse soddisfacente, allora si dovrà provvedere ad esperire l’obbligatorio tentativo di conciliazione innanzi le competenti Autorità di Garanzia (Corecom – ARERA).

COME SI SVOLGE LA CONCILIAZIONE OBBLIGATORIA ?

La domanda di conciliazione può essere presentata personalmente dal consumatore o da un suo delegato, solo dopo aver inviato un reclamo scritto al proprio gestore / fornitore e questi non abbia fornito riscontro al reclamo o la ricevuta risposta sia considerata insoddisfacente.

Dopo la presentazione della domanda, il conciliatore provvederà a comunicare alle parti la data del primo incontro per lo svolgimento del tentativo di conciliazione che si svolge interamente per via telematica, mediante accesso all'apposita area virtuale; tale incontro deve svolgersi entro massimo 30 giorni dalla data di presentazione della domanda, mentre il termine per la conclusione di tutto il procedimento è di 90 giorni dalla presentazione della domanda di conciliazione, prorogabile per massimo 30 giorni per esigenze motivate su iniziativa delle parti o del conciliatore.

Se il tentativo di conciliazione ha esito positivo, il verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo.
Se, invece, la parte che ha chiesto la conciliazione non si presenta al primo incontro, il procedimento viene archiviato; se non si presenta l’altra parte, viene redatto un verbale di esito negativo della procedura.
Nel caso di verbale negativo / mancato accordo, il consumatore potrà rivolgersi alla competente Autorità Giudiziaria per far valere i propri diritti e veder soddisfatte le proprie pretese, richiedendo, in tale sede, anche il risarcimento dei danni subiti.