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Separazione e divorzio

Introduzione

Separazione e divorzio sono due strumenti legali fondamentali per risolvere le dinamiche matrimoniali in Italia. 

Questo articolo esplora le leggi e le procedure che regolano questi due istituti, delineando le differenze chiave e le implicazioni per i coniugi.

Separazione: Un Primo Passo Verso la Risoluzione

La separazione, regolata dal codice civile e dalla legge 898/1970, sospende gli effetti civili del matrimonio. 

I coniugi interrompono la coabitazione e gli obblighi di fedeltà, assistenza morale e materiale. Esistono due forme di separazione:

  • Consensuale: Rapida e semplificata, avviene quando entrambi i coniugi concordano sui termini.

  • Giudiziale: Necessaria in assenza di accordo, richiede l'intervento di un avvocato e può estendersi per un periodo più lungo.

Divorzio: La Conclusione Legale del Matrimonio

Il divorzio, disciplinato anche dalla legge 74/1987, pone fine ai vincoli giuridici e patrimoniali del matrimonio. Come la separazione, può essere:

  • Consensuale: Il modo più diretto e veloce per divorziare.

  • Giudiziale: Impiegato quando vi è disaccordo sui termini del divorzio.

Differenze Tra Separazione e Divorzio

La distinzione principale tra separazione e divorzio risiede nella loro natura legale:

  • La separazione sospende i diritti e doveri coniugali senza sciogliere il vincolo matrimoniale.

  • Il divorzio dissolve completamente il matrimonio, eliminando lo status di coniuge.

Effetti Legali e Patrimoniali

Gli effetti di queste azioni legali includono:

  • Terminazione degli obblighi di coabitazione e assistenza.

  • Ripartizione dei beni accumulati durante il matrimonio.

  • Assegnazione di un eventuale assegno di mantenimento al coniuge meno abbiente.

  • Definizione dell'affidamento dei figli minori, prioritizzando il loro interesse superiore.

Conclusione

Affrontare la separazione o il divorzio richiede una comprensione approfondita delle leggi e delle procedure. Consigliamo di consultare un avvocato specializzato per navigare queste acque legali complesse e per salvaguardare i diritti personali e quelli dei figli.

Attività di Recupero del Credito

Il recupero crediti è un'attività complessa e delicata, che richiede competenze legali e tecniche specifiche.

L'attività stragiudiziale di recupero crediti

Consiste in una serie di azioni volte a invitare bonariamente il debitore a pagare il proprio debito senza ricorrere al tribunale. In questa fase, l'avvocato si occupa di:

Inviare una lettera di diffida al debitore, con la quale lo si invita a saldare il debito entro un termine stabilito, così da interrompere, altresì, il termine di decadenza o di prescrizione.

Avviare procedure di mediazione o conciliazione, con l'obiettivo di raggiungere un accordo con il debitore.

L'attività giudiziale di recupero crediti

Se l'attività stragiudiziale non ha successo, l'avvocato può avviare un'azione giudiziaria per ottenere coattivamente il pagamento del debito. In questa fase, l'avvocato si occupa di:

  • Redigere la domanda giudiziale, con la quale si chiede alla competente Autorità Giudiziaria di condannare il debitore al pagamento del debito.

  • Dopo l’emissione del provvedimento favorevole al creditore, avviare le procedure esecutive per ottenere il pagamento del debito.

Un avvocato specializzato in recupero crediti offre un servizio completo, che comprende sia l'attività stragiudiziale che l'attività giudiziale. L'avvocato è in grado di valutare la situazione specifica del cliente e di adottare la strategia più efficace per ottenere il recupero del credito.


Vantaggi dell'affidarsi a un avvocato per il recupero del proprio credito

Affidarsi a un avvocato per il recupero crediti presenta diversi vantaggi, tra cui:

  • La garanzia di un'assistenza legale qualificata e aggiornata.

  • La possibilità di evitare errori o omissioni che potrebbero compromettere il recupero del credito.

  • La possibilità di ridurre i tempi e i costi del recupero crediti.


Conclusione

L'attività di recupero crediti è complessa e delicata e richiede specifiche competenze legali e tecniche.

Affidarsi a un avvocato specializzato è la soluzione migliore per ottenere il recupero del proprio credito in modo efficace e sicuro.

VIOLENZA DOMESTICA : i rimedi previsti dal nostro ordinamento

La violenza domestica è una forma di maltrattamento fisico, sessuale, psicologico o economico che si verifica all'interno di una relazione intima.

Può essere commessa da un partner, da un familiare o da un convivente.

L'ordinamento italiano tutela le vittime di violenza domestica sia in sede penale che in sede civile.

In sede penale, la violenza domestica è punita con pene che vanno da 1 a 5 anni di reclusione, a seconda della gravità del reato.

In sede civile, invece, le vittime di violenza domestica possono richiedere al giudice l'adozione di misure di protezione, quali:

  • L'allontanamento dell'aggressore dalla casa familiare
  • Il divieto di avvicinamento alla vittima e ai luoghi frequentati da essa
  • L'assegnazione della casa familiare alla vittima
  • L'affidamento dei figli alla vittima
  • Il contributo economico per il mantenimento della vittima e dei figli

La richiesta di misure di protezione può essere presentata dalla vittima o da un suo familiare o amico

Per ottenere l'adozione di misure di protezione, la vittima deve dimostrare che è stata vittima di violenza domestica.

A tal fine, può presentare al giudice documentazione, come:

  • Testimonianze di persone che hanno assistito alla violenza
  • Certificati medici che attestino le lesioni subite
  • Registrazioni audio o video che documentino la violenza

Il giudice, in caso di accoglimento della richiesta, ordina all'aggressore di rispettare le misure di protezione.

In caso di inottemperanza, l'aggressore può essere punito con la reclusione fino a un anno.

Le misure di protezione in sede civile hanno lo scopo di tutelare la vittima dalla violenza domestica e di garantirle la sicurezza e l'incolumità.

Ecco alcuni consigli per le vittime di violenza domestica che intendono richiedere misure di protezione in sede civile:

  • Raccogliere documentazione che attesti la violenza subita
  • Raccontate a qualcuno di fiducia quello che state subendo
  • Rivolgetevi a un centro antiviolenza o a un avvocato specializzato in diritto di famiglia

Ricordate che non si è da soli e che esistono dei rimedi per proteggervi dalla violenza domestica. 

Con la c.d. Riforma Cartabia, sono stati inseriti i seguenti articoli nel nostro codice di procedura civile :

Articolo 473 bis 40 Codice di procedura civile

Le disposizioni previste dalla presente sezione si applicano nei procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell'altra o dei figli minori.


Articolo 473 bis 41 Codice di procedura civile

Il ricorso indica, oltre a quanto previsto dagli articoli 473 bis 12 e 473 bis 13, gli eventuali procedimenti, definiti o pendenti, relativi agli abusi o alle violenze. Al ricorso è allegata copia degli accertamenti svolti e dei verbali relativi all'assunzione di sommarie informazioni e di prove testimoniali, nonché dei provvedimenti relativi alle parti e al minore emessi dall'autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità.

Articolo 473 bis 42 Codice di procedura civile

Il giudice può abbreviare i termini fino alla metà, e compie tutte le attività previste dalla presente sezione anche d'ufficio e senza alcun ritardo. Al fine di accertare le condotte allegate, può disporre mezzi di prova anche al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile, nel rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova contraria.
Il giudice e i suoi ausiliari tutelano la sfera personale, la dignità e la personalità della vittima e ne garantiscono la sicurezza, anche evitando, se opportuno, la contemporanea presenza delle parti.

Quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale ovvero penda procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all'art. 415 bis del c.p.p. per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell'udienza non contiene l'invito a rivolgersi ad un mediatore familiare.

Quando la vittima degli abusi o delle violenze allegate è inserita in collocazione protetta, il giudice, ove opportuno per la sua sicurezza, dispone la secretazione dell'indirizzo ove essa dimora.

Con il decreto di fissazione dell'udienza, il giudice chiede al pubblico ministero e alle altre autorità competenti informazioni circa l'esistenza di eventuali procedimenti relativi agli abusi e alle violenze allegate, definiti o pendenti, e la trasmissione dei relativi atti non coperti dal segreto di cui all'art. 329 del c.p.p.. Il pubblico ministero e le altre autorità competenti provvedono entro quindici giorni a quanto richiesto.
Le parti non sono tenute a comparire personalmente all'udienza di cui all'articolo 473 bis 21. Se compaiono, il giudice si astiene dal procedere al tentativo di conciliazione e dall'invitarle a rivolgersi ad un mediatore familiare. Può comunque invitare le parti a rivolgersi a un mediatore o tentare la conciliazione, se nel corso del giudizio ravvisa l'insussistenza delle condotte allegate.

Articolo 473 bis 43 Codice di procedura civile

È fatto divieto di iniziare il percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, ovvero è pendente un procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all'articolo 415 bis del Codice di procedura penale per le condotte di cui all'articolo 473 bis 40, nonché quando tali condotte sono allegate o comunque emergono in corso di causa.

Il mediatore interrompe immediatamente il percorso di mediazione familiare intrapreso, se nel corso di esso emerge notizia di abusi o violenze.

Articolo 473 bis 44 Codice di procedura civile

Il giudice procede all'interrogatorio libero delle parti sui fatti allegati, avvalendosi se necessario di esperti o di altri ausiliari dotati di competenze specifiche in materia. Assume inoltre sommarie informazioni da persone informate dei fatti, può disporre d'ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, e acquisisce atti e documenti presso gli uffici pubblici. Può anche acquisire rapporti d'intervento e relazioni di servizio redatti dalle forze dell'ordine, se non sono relativi ad attività d'indagine coperta da segreto.

Quando nomina un consulente tecnico d'ufficio, scelto tra quelli dotati di competenza in materia di violenza domestica e di genere, ovvero dispone indagini a cura dei servizi sociali, il giudice indica nel provvedimento la presenza di allegazioni di abusi o violenze, gli accertamenti da compiere e gli accorgimenti necessari a tutelare la vittima e i minori, anche evitando la contemporanea presenza delle parti.

Articolo 473 bis 45 Codice di procedura civile

Il giudice procede personalmente e senza ritardo all'ascolto del minore secondo quanto previsto dagli articoli 473 bis 4 e 473 bis 5, evitando ogni contatto con la persona indicata come autore degli abusi o delle violenze.

Non si procede all'ascolto quando il minore è stato già ascoltato nell'ambito di altro procedimento, anche penale, e le risultanze dell'adempimento acquisite agli atti sono ritenute sufficienti ed esaustive.

Articolo 473 bis 46 Codice di procedura civile

Quando all'esito dell'istruzione, anche sommaria, ravvisa la fondatezza delle allegazioni, il giudice adotta i provvedimenti più idonei a tutelare la vittima e il minore, tra cui quelli previsti dall'articolo 473 bis 70, e disciplina il diritto di visita individuando modalità idonee a non compromettere la loro sicurezza.

A tutela della vittima e del minore, il giudice può altresì disporre, con provvedimento motivato, l'intervento dei servizi sociali e del servizio sanitario.

Quando la vittima è inserita in collocazione protetta, il giudice può incaricare i servizi sociali del territorio per l'elaborazione di progetti finalizzati al suo reinserimento sociale e lavorativo.

Rivolgetevi a un centro antiviolenza o a un avvocato specializzato in diritto di famiglia



Requisiti qualifica di impresa artigiana ex art 3, Legge Quadro Artigianato n. 443/85 - Attività mista


Ai sensi dell’art. 3 della L. n. 443/1985 - Legge Quadro Artigianato, è IMPRESA ARTIGIANA quella che: “… nei limiti dimensionali di cui alla presente Legge, abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un’attività avente ad oggetto la produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazione di servizi, escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione di beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali ed accessorie all'esercizio dell’impresa ...".


Per cui, dal chiaro tenore letterale della su menzionata norma, qualora vengano svolte insieme all'attività principale (che qualifica l’impresa come artigiana) anche le attività espressamente escluse dall'art. 3, comma 1, queste ultime non inciderebbero sulla qualifica di artigiano, qualora siano solamente strumentali ed accessorie all'esercizio principale di impresa.
A contrario, qualora queste ultime non siano strumentali ed accessorie alla principale, lo svolgimento anche delle attività escluse determinerebbe la perdita della qualifica di artigiano, con conseguenziale cancellazione dell'annotazione della qualifica di impresa artigiana dal Registro delle Imprese dalla competente Camera di Commercio.

Siffatto orientamento è stato già a suo tempo confermato dalla stessa Cassazione, che, con la sentenza n. 8703/2000, pur analizzando una diversa fattispecie, ha comunque fornito una definizione della nozione di impresa artigiana, secondo il disposto dettato dalla Legge Quadro sull’Artigianato n. 443/1985. Nella suddetta pronuncia si legge quanto segue : 

“.. Da quanto precede emerge:
1) che è irrilevante il luogo ove l'impresa artigiana svolge la propria attività, potendo questa essere svolta in luogo fisso (presso l'abitazione dell'imprenditore o di uno dei soci o in appositi locali o in altra sede designata dal committente) oppure in forma ambulante o di posteggio;
2) che l'impresa artigiana è definita:
a) dall'oggetto della stessa, che può essere costituito da qualsiasi attività di produzione di beni, anche semilavorati o di prestazioni di servizi, escluse le attività indicate al primo comma dell'art. 3 (cioè le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliarie di quest'ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande);
b) dal ruolo dell'artigiano nell'impresa, richiedendosi, in particolare, che questo svolga "in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo (art. 2);
c) dai limiti dimensionali relativi ai dipendenti utilizzabili, che varia da settore a settore;
d) dalla funzione preminente nell'impresa dei lavoro sul capitale.

La stessa sentenza, poi, fornisce un ulteriore importante chiarimento :

“… Dalla Legge si ricava addirittura che lo svolgimento di attività escluse insieme a quella, che qualifica l'impresa come artigiana, quindi di più attività, non incidono né sulla natura né sulla unitarietà della stessa, qualora queste ulteriori attività siano solamente strumentali e accessorie all'esercizio dell'impresa (art. 3, primo comma) …”.

Siffatta interpretazione ed applicazione della normativa di settore ha, poi, trovato piena applicazione nei diversi pareri e decisioni emesse dalle diverse Commissioni Provinciali e Regionali per l’Artigianato, le quali, nel corso degli anni, hanno più volte rigettato per incompatibilità le domande presentate dalle imprese artigiane, riscontrando una carenza di comunanza dei beni utilizzati per l’esecuzione delle attività e per l’assenza del richiesto nesso di strumentalità ed accessorietà tra la nuova attività denunciata e quella svolta in via principale.